19 gennaio 2017
Ci sono cose che pensi esisteranno per sempre: c’erano prima di te e ci saranno anche dopo.
Invece, in un solo giorno, il 6 aprile 2009, gli abruzzesi hanno visto scomparire L’Aquila, il proprio splendido capoluogo, oltre a interi paesi, insieme a tante persone che li vivevano e che quel giorno erano a casa con le loro famiglie o si trovavano al lavoro… persone come noi, vicine a noi.
Solo la scorsa estate un altro terribile terremoto ha colpito nuovamente questa regione, insieme a tutto il centro Italia, rinnovando e accrescendo un dolore che non si era ancora placato. E in questo inizio di 2017 un’altra tragedia si fa strada, stavolta in modo lento, ma inesorabile: prima è emergenza neve (la neve c’è sempre stata, ma quando assume questa entità, anche in montagna diventa un fenomeno eccezionale), poi esondazione fiumi, per concludere con terremoto, smottamenti e valanghe.
La neve crea un pericoloso legame con lo sciame sismico provocando tragedie e coprendo tutto: nasconde la devastazione la cui portata sarà misurabile solo dopo lo scioglimento del manto bianco, quando si potranno raggiungere i troppi posti ancora isolati, dove da giorni manca acqua ed energia elettrica e dove gli edifici potrebbero non aver retto il peso degli eventi “naturali”. Non si hanno notizie, le linee telefoniche non funzionano e i cellulari sono scarichi. Intere famigle, anziani, malati e bambini che non hanno la possibilità di chiedere aiuto. Numerosi allevamenti di animali abbandonati a loro stessi, senza cibo e al gelo perché i loro allevatori non possono raggiungerli. Situazioni a cui assistiamo impotenti e atterriti.
Di contro c’è l’ammirazione e lo stupore di fronte al coraggio e all’abnegazione dei soccorritori, venuti anche da altre regioni, che affrontano le intemperie e i rischi di crolli e valanghe pur di portare sostegno a chi ha bisogno. Tra questi non dimentichiamo i dipendenti Enel, dell’Azienda Acquedottistica, delle società che si occupano della rimozione della neve, le Forze dell’Ordine, la Protezione Civile, i Vigili del Fuoco, gli uomini del Soccorso Alpino, il personale sanitario, ma anche molti sindaci che spesso partecipano personalmente ai soccorsi e sembrano non dormire mai.
L’eroismo che scaturisce dalla necessità, una forza che non ti aspetti.
Altro duro colpo al cuore: non c’è più l’Hotel Rigopiano, tra i più belli e conosciuti, praticamente un’istituzione per gli abruzzesi… letteralmente spazzato via da una slavina. E pensiamo con dolore alle persone che ci lavoravano, rendendolo uno dei vanti della nostra regione; e agli ospiti, che sono passati in un istante da una situazione paradisiaca ad una infernale. Tempeste e accumuli di neve che non si ricordano in zona a memoria d’uomo insieme a scosse di terremoto… siamo di fronte ad un evento eccezionale, un reale cataclisma scaturito dal concatenarsi di eventi imprevedibile.
Surreale… è l’unica parola capace di esprimere ciò che sta accadendo in Abruzzo.
Drammi ne avvengono purtroppo ogni giorno nel mondo, ma credo sia umano sentirsi maggiormente coinvolti emotivamente quando si tratta di luoghi e situazioni che appartengono al nostro vissuto. E’ strano assistere a tutto ciò dal confine della tragedia… luoghi che conosciamo bene, che abbiamo vissuto e che pensavamo avremmo potuto vivere ancora, non ci sono più; persone che erano lì, come ci sei stato anche tu… potevi essere tu.
L’Abruzzo è bellissimo: si può sciare con vista sul mare; ci sono lunghe e ampie spiagge; ci si può immergere in una natura rigogliosa e perlopiù incontaminata (non per niente viene definita “Regione Verde d’Europa”); si possono visitare città vive culturalmente e commercialmente, così come caratteristici borghi medievali; inoltre c’è una tradizione culinaria straordinaria che gode dei frutti del mare, delle colline e delle montagne.
Gli abruzzesi, da sempre definiti forti e gentili, è da queste ricchezze che potranno e dovranno ripartire.
(La foto è tratta dalla pagina Facebook dell’Hotel Rigopiano)
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